
La benedizione che la liturgia invoca sui Fedeli e sull’Umanità nel primo giorno del 2018 è l’auspicio più bello e buono che possiamo augurarci: “Ti benedica il Signore e Ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace” (Nm 6,22-27). L’invito è non solo ad aver fiducia in Dio, ma siamo sollecitati a mettere di fronte a Lui le fatiche dell’anno trascorso, le illusioni sfumate e le inadempienze personali e collettive, il futuro per il quale tutti dobbiamo impegnarci per doverosa giustizia e in spirito di fraternità.
Dal 1967, il beato Paolo VI volle dedicare il primo giorno dell’anno alla preghiera per la pace. Sappiamo che il Signore Gesù è il ‘principe della pace’, è Lui che la radica nel cuore dell’uomo, così come annunciato dagli Angeli a Betlemme. La pace è il valore che umanizza la crescita culturale, economica, sociale e politica dei popoli e delle nazioni.
Il Papa, affidandoci la strenna “Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace”, ci raccomanda di avere uno sguardo contemplativo; secondo la sapienza della fede cristiana tutti facciamo parte di una sola famiglia. Questa consapevolezza però deve far nascere un impegno concreto in tutti noi per garantire sicurezza e accoglienza dignitosa.
Anche quest’anno avremo da condividere tra noi la prova del terremoto con le fatiche e le privazioni che ha generato. Ci sono segni di rilancio, varie opere pubbliche permettono a famiglie sempre più numerose di ritornare nei nostri Paesi, si riprende a lavorare, le attività scolastiche dei nostri ragazzi sono un segno di ripresa e un invito ad aver fiducia.
Cerchiamo tutti di sviluppare un sentimento comune di collaborazione, ciascuno metta del suo nel positivo che si va costruendo, una solidarietà nel futuro buono e per tutti rende più facile affrontare le difficoltà, adottare i correttivi necessari, stimolare accelerazioni e tempestività, bloccare operazioni o manovre corrosive.
Il Signore, che ci concederà il 2018, ci chiede di darci fiducia e credito reciprocamente, perché nel dialogo e nella condivisone delle responsabilità maturiamo la cura generosa verso tutti, particolarmente nei riguardi di coloro, concittadini o meno, che sono in condizioni di debolezza o necessità.
A tutti ogni bene dall’Alto,
+Francesco Giovanni, arc.
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